Dimensionamento alla svolta

giovedì 8 agosto 2013

Nessun automatismo, decideranno regioni e miur insieme
Tra le norme urgenti in materia di istruzione che il governo Letta vorrebbe varare non poteva mancarne una sul dimensionamento della rete scolastica, materia divenuta competenza regionale dopo la riforma del 2001 del titolo quinto della Costituzione, governo Amato, con la Consulta che ha via via annullato provvedimenti legislativi tutte le volte che parlamento e governi sono usciti dai loro limiti istituzionali. La Corte, la maggior parte delle volte che le regioni le si sono rivolte per contestare provvedimenti legislativi troppo invasivi, ha dato loro ragione con decisioni che, pur non annullando sempre le norme contestate, hanno però sempre inteso salvaguardare l'autonomia di tali enti territoriali, le loro specificità, le loro prerogative costituzionali. Come l'ultima decisione, la n. 215 del 18 luglio scorso, che l'alta corte ha preso su ricorso della regione Friuli Venezia Giulia, dichiarando inapplicabile la norma del decreto legge n. 95 del 2012, governo Monti, che al momento di ordinare la ristrutturazione della rete scolastica aveva operato un'irragionevole discriminazione tra minoranze linguistiche. E così per evitare ulteriori decisioni sfavorevoli e rimediare continue brutte figure sotto il profilo istituzionale e dei rapporti con le regioni, dal prossimo anno scolastico, è il proposito del governo e di Maria Chiara Carrozza, ministro dell'istruzione, non si definiranno più criteri per l'individuazione delle istituzioni scolastiche ed educative sede di dirigenza scolastica e di direttore dei servizi generali e amministrativi senza il preventivo accordo con regioni, città e autonomie locali, che i dicasteri di viale Trastevere e di via XX settembre dovranno adottare in sede di conferenza unificata. Sono quindi archiviati gli interventi legislativi sul dimensionamento dei due governi Berlusconi e Monti, i cui effetti vengono circoscritti e limitati al corrente anno scolastico. Le misure urgenti del ministero in carica, infatti, tuttora in fase di predisposizione, stabiliscono che cessa con l'anno scolastico 2012/2013 la disposizione sul numero minimo di alunni per l'assegnazione di dirigenti scolastici e direttori amministrativi. La cessazione è introdotta con l'articolo 21 del provvedimento, a parziale modifica della disposizione con la quale il governo Berlusconi aveva individuato tale numero minimo: 500 alunni, ridotto fino a 300 per le istituzioni site nelle piccole isole, nei comuni montani, nelle aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche (art. 19, commi 5 e 5-bis, del decreto legge n. 98 del 2011). Numero minimo che il governo Monti aveva elevato, rispettivamente, a 600 e 400 (legge di stabilità n. 183 del 2012). Ora vedremo quel che si deciderà per il prossimo anno, a decorrere dal quale si vuole voltare pagina. Per ottenere lo scopo, il provvedimento del governo Letta aggiunge al decreto legge Berlusconi-Monti un ulteriore comma, il 5-ter, dichiarando che dall'anno prossimo i dimensionamenti si faranno con il concorso delle autonomie locali, pur nelle rispetto degli obiettivi finanziari che con la legge di stabilità del 2012 si intendevano perseguire. La spesa dovrà restare invariata ma almeno le regioni avranno voce in capitolo per decidere le sorti delle istituzioni scolastiche che accolgono gli alunni dei loro territori.

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