La sperimentazione del nulla

lunedì 13 febbraio 2012

La scuola a punti, di Francesco Di Lorenzo da fuoriregistro


Nel mercato della sperimentazione, che una volta aveva un significato ben definito e che dalla gestione Moratti in poi ha perso progressivamente valore, oggi si ritrovano - vicini, attigui/contigui - sia gli insegnanti che i dirigenti. La novità è che saranno valutati attraverso il percorso sperimentale Vales (Valutazione Sviluppo Scuola), per la prima volta con questo metodo, anche i dirigenti scolastici.
Il progetto dovrebbe coinvolgere un massimo di trecento istituti e durare tre anni. Ma la novità vera, all’interno del percorso di valutazione dei singoli istituti, spiegano i tecnici che se ne intendono, sarebbe l’entrata in scena del ’valore aggiunto’. Cos’è? Difficile spiegarlo, ma proviamoci. In pratica, in base ai test Invalsi, con i dati opportunamente trattati, dopo tre anni si saprà se, nella materia testata, l’alunno ha fatto un salto di qualità o meno. Di conseguenza, si scoprirà se l’insegnante di quella materia è un fannullone o uno che ci sa fare. Insomma, se non proprio alle solite comiche, ci siamo molto vicini.
Si parte dalla coda e ci perdiamo nei meandri del percorso. Il discorso è sempre quello: ci si accanisce a fare infinite verifiche e a dare valutazioni, tanto da non aver il tempo di stimolare, suggerire, inventare percorsi di studio insieme e per gli alunni. Invece di farli crescere con il lavoro del ragionamento, li mettiamo in ansia con l’assillo dell’errore. Così anche la certificazione di un momento, diventa standardizzazione e giudizio perenne.
Ci si infila in percorsi irreali e pieni di rituali, in viaggi oscuri e fiabeschi (ma lugubri), per cui dopo tre anni si spera che, in base a non si sa cosa e per quale motivo, quello che prima andava male, all’improvviso va bene.
Dovremo invece sapere che così, al massimo, si avrà la certificazione della realtà, ma senza aver fatto il minimo sforzo per modificare lo stato delle cose. Anche perché non c’è all’orizzonte, nella scuola, né un piano di aggiornamento metodologico, né un ammodernamento programmatico e neanche uno straccio di sviluppo delle competenze comunicative. Però, intanto, ci si augura che dopo tre anni, in base al ’dono magico’ che qualcuno ci offrirà nel frattempo, le cose si aggiustino da sole. Ed essendo noi, in fondo, un popolo di fedeli, questo lo si può anche capire. Meno, giustificare.
Tutto questo mentre Obama, negli Stati Uniti, lancia un piano di investimenti con l’assunzione di centomila insegnanti di materie scientifiche, perché, dice, il futuro dei giovani è nell’invenzione e nella creatività, appunto, scientifica. L’obiezione la conosciamo: ’non siamo americani e il loro sistema è diverso e non paragonabile al nostro’.
D’accordo. Però ricordiamoci anche che noi siamo ancora mentalmente legati ad un vecchissimo ed ’idealissimo’ liceo classico. Con tutto quel che ne consegue.

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